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“ I ruoli sono prigioni … le loro sbarre sono invisibili … ma più solide dell’acciaio..”
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Tratto dal romanzo di Stefano d’Anna

“La scuola degli dei”
Fotografia
“Ti ho dato retta … ho lasciato il lavoro, ho venduto la casa, cos’altro dovrei fare?” sbottai …

“ Lasciare il lavoro o cambiare paese, senza capire, non serve … né ti potrà rendere libero” replicò il Dreamer con burbera dolcezza.

“Per poter uscire dalla prigionia dei ruoli un uomo deve sentirsi deluso dalla sterile ripetitività degli eventi e delle circostanze della sua vita..”

“… identificato  con i ruoli hai dimenticato il Gioco. Un evento, una situazione, un incontro fanno scattare in te reazioni meccaniche, come la molla compressa di una trappola per  topi. Immagini mentali, pensieri, emozioni, sensazioni si uniformano a schemi meccanicamente prestabiliti, i muscoli del viso si contraggono per assumere certe espressioni, alle labbra affiorano quelle parole, e tu sei in ostaggio, fino a che nuove condizioni e nuovi incontri non ti catapultano in un’altra gabbia.”

Il Dreamer sottolineò come ogni ruolo, per fissarsi nella nostra vita, richiede l’apprendimento di un linguaggio specifico: gesti, comportamenti, attitudini e tutta una gamma d espressioni  facciali e verbali. Avere un ruolo presuppone l’accettazione di interi blocchi di idee, pacchetti completi di convinzioni attraverso cui pensare e sentire.

Mi disse che ogni uomo, per le necessità della sua esistenza ordinaria, apprende e gioca un numero limitato di ruoli, cinque o sei al massimo. Al modificarsi delle circostanze egli passa dall’uno all’altro come un automa, senza intenzionalità, condizionato dal cambiamento delle condizioni esterne.

“Libertà significa recitare intenzionalmente qualunque ruolo senza esserne imprigionato – enunciò- In un uomo ordinario questa capacità, già pressoché nulla, con l’età si riduce sempre più, fino a sparire. La conseguenza è che quando si presentano condizioni appena diverse da quelle solite, fuori da quei pochi ruoli che conosce, un uomo non sa più che maschera mettere”.

Realizzai che questa è la ragione per cui ci sentiamo continuamente fuori posto, a disagio, minacciati. Non sapendo quale maschera indossare, non avendola nel nostro repertorio, mostriamo i nostri limiti …  Allora ogni facoltà mentale: pensieri, emozioni ed azioni entrano tra loro in un rapporto spastico e diventiamo una marionetta biologica. Ci sentiamo nudi e proviamo una vergogna terribile. Vorremmo scappar via. Eppure sono questi i momenti in cui, attraverso un interstizio tra la pelle e la maschera, è possibile osservarci e riconoscere la nostra essenza, la nostra parte più vera.

Chi realizza di avere un limitato repertorio di ruoli ed avverte la tirannia dei vincoli che essi impongono alla sua azione, ha già avviato i primi passi verso la libertà.